Jules LaForgue e Piani Inclinati

Ho conosciuto Jules LaForgue grazie a Thomas S. Eliot, che scoprì il suo talento e se ne lasciò ispirare, almeno nei primi lavori. Prufrock and Others Observation di Eliot (1917) trasuda l’amarezza e la rassegnazione, con richiami continui all’orrore, al vuoto e al grigiore dell’esistenza, che erano propri di LaForgue.
E, in modo fluido, a distanza di quarant’anni ritroviamo un po’ di LaForgue anche in Eugenio Montale: nel verso libero, dove l’assonanza prevale sulla rima, talvolta anche a discapito della musicalità.

Quella di LaForgue è un’inclinazione di spirito vicinissima agli artisti francesi della prima metà del ‘900, ma non è facile definirlo, né collocarlo in una delle molte correnti che animavano a quel tempo la vita parigina. Anche al simbolismo partecipa in maniera singolare, non ricercando l’analogia, e sfruttando il simbolo solo al fine di generare immagini e suggestioni.

Un “Poeta minore” LaForgue, si potrebbe dire con una citazione, o forse un “poeta diverso”. Lontano dalle intuizioni di Baudelaire, o dall’ironia di Mallarmé; perso in un decadentismo disperato e votato a raccontare la vicenda umana negli eterni ritorni del suo tempo ciclico, con commoventi aneliti di allegria nelle figure ricorrenti dei suoi clown e dei suoi Pierrot.

Leggevo LaForgue mentre costruivo il personaggio di GianPietro Spinas, il villain di “Piani Inclinati”. Ho attinto alle sensazioni vibranti della sua poesia per immaginare un uomo avvelenato dal dolore, furioso con la vita, lucidamente folle nell’elaborare un piano criminale che avrebbe dovuto offrirgli una speranza di felicità.
Del fatto che non si sarebbe mai potuto realizzare, Gianpietro Spinas ha sempre avuto consapevolezza. Sapeva che avrebbe fallito, che tutto sarebbe finito, probabilmente finito molto male.

Quando, nell’Intermezzo 5, Gianpietro cita LaForgue, le illusioni sono già crollate.
Linda è solo un riflesso di luce oltre un vetro. Gianpietro continua a scivolare – solo – sul suo piano inclinato.

Ho il cuore triste come un lampione da fiera
Me ne andrò a dormire in un treno, stasera
Certo di andare per la vita intera, infelice come una pietra


NOTE:
I versi dell’Intermezzo 5 a pagina 346 di “Piani Inclinati” sono tratti dal primo “Complaint de Lord Pierrot“. L’edizione che ho trovato in una libreria antiquaria, è quella delle “Poesie” di Lerici Editori, con un bellissimo cofanetto.

Poeta Minore” è una canzone di Max Gazzè, ma credo sia dedicata a Mallarmè.